Germania: cliniche per eutanasia rifiutano pazienti non vaccinati COVID
Sembrerebbe una barzelletta, ed invece è tutto vero: in Germania si nega l’eutanasia a chi non possiede l’equivalente del nostro Super Green Pass, ossia la certificazione ottenuta a seguito di guarigione da COVID oppure da avvenuta vaccinazione.
Lo riporta il settimanale britannico Spectator, che in passato ospitò firme del calibro dell’attuale premier britannico Boris Johnson e del tuttora giornalista Nicholas Farrell, nel 2003 entrambi protagonisti di una controversa intervista all’allora premier italiano Silvio Berlusconi, lì pubblicata.
Soprassedendo su tutte le questioni e considerazioni etiche riguardanti l’eutanasia, nonché l’attuale dibattito sul tema che da lustri avviene nel nostro Paese, la faccenda tedesca sfocia inevitabilmente nell’assurdo: se tanto ti devo far fuori, perché ti devo obbligatoriamente richiedere una vaccinazione? Non basterebbe un semplice tampone molecolare? Anche nell’aldilà viene chiesto il green pass?
Il Verein Sterbehilf, l’associazione tedesca per l’eutanasia, spiega la direttiva in un comunicato:
“L’eutanasia e gli esami propedeutici alla responsabilità volontaria dei nostri pazienti che desiderano morire richiedono vicinanza umana, la quale è anche requisito nonché substrato della trasmissione del COVID-19. Ad oggi, alla nostra associazione si applica la regola 2G (Super Green Pass, ndr), rafforzata da misure relative alla situazione come ad esempio test rapidi prima di incontri ravvicinati a porte chiuse”.
“Incontri ravvicinati a porte chiuse”: un eufemismo tutto tedesco per definire il suicidio assistito, in una nazione che – è bene ricordare – nello scorso secolo fu protagonista indiscussa di stermini di massa (meticolosamente pianificati e organizzati) e dove l’eugenetica assurgeva ad una quasi religione. Il tutto, andando ben oltre l’eutanasia.